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          | 3 | SUPERMONDO, 
            un modello d'universo immaginario |   
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     |   E’ certo che rimanevano molti lati oscuri e incertezze, che 
              l’introduzione del gravitone non è servita a dissipare, 
              tanto che sono molti gli studiosi rimasti fedeli al primitivo concetto 
              di forza, e ciò, anche in considerazione del fatto che questa 
              particella non ha ricevuto conferme della sua reale esistenza.In verità l’idea del gravitone è nata dal tentativo 
              di individuare un denominatore comune a tutte le quattro forze fondamentali 
              della natura, e poiché l’interazione riguardante le 
              altre tre forze, avveniva attraverso la mediazione di una particella, 
              si è pensato di estendere questa presenza anche all’interazione 
              gravitazionale.
 Questa particella è servita a giustificare l’interazione 
              gravitazionale ma non già se questa sia di tipo attrattivo 
              o repulsivo, entrambi presenti in natura. Da qui nasce la necessità 
              di individuare i modi che conducono ai risultati delle osservazioni.
 Premesso che il circuito ruotante, fatto di particelle cinetiche, 
              presenta due versi opposti di moto, se immaginiamo che il suo asse 
              di rotazione giaccia su un piano parallelo a quello della superficie 
              terrestre, l’interazione tra gravitone e particella cinetica 
              potrà avvenire soltanto nel momento che questa è diretta 
              verso l’alto, poiché, in tal modo, i vettori velocità, 
              avendo la stessa direzione, finiscono per sommarsi, mentre, nel 
              caso che all’interazione fosse interessata una particella 
              cinetica che si muova nel verso opposto, si giungerebbe alla risultante 
              tra i due vettori, il che condurrebbe ad una riduzione della velocità 
              della particella da estrarre che, ovviamente, risulterebbe dannosa 
              al fine della mobilitazione delle particelle cinetiche dal proprio 
              circuito; è presumibile, pertanto, che, per giungere a questo 
              risultato, debbano verificarsi diverse interazioni “utili” 
              che interessino più circuiti di particelle cinetiche, il 
              che evidenzia il ruolo importantissimo che riveste “l’intensità” 
              dei gravitoni.
 E’ presumibile che la mobilitazione delle particelle cinetiche, 
              che compongono il circuito ruotante, avvenga dopo che queste abbiano 
              eseguito quella parte di percorso che le conduce ad una inversione 
              del verso di rotazione e cioè in direzione del punto di origine 
              del gravitone, risultato questo che starebbe ad indicare il verificarsi 
              di un effetto attrattivo, mentre nei casi in cui il gravitone risulta 
              essere in possesso di energia di maggiore potenza, si giungerebbe 
              all’estrazione immediata della particella cinetica, e cioè 
              prima che questa compia quel breve percorso che la conduce ad un’inversione 
              di rotta, e, di conseguenza, in questo caso, l’interazione 
              gravitazionale risulterebbe di tipo espulsivo. E’ quanto accade 
              ai gravitoni che traggono origine da una stella poiché, in 
              questo caso, risultano in possesso di energia di maggior potenza 
              perché proveniente dalle reazioni termonucleari. Da qui l’ipotesi 
              della contemporanea presenza, nel nostro universo, di fenomeni gravitazionali, 
              sia attrattivi, sia respulsivi.
 Si rende necessario, a questo punto, giungere ad un chiarimento 
              sulla nascita del gravitone ritenuto oggi essere una particella 
              virtuale che verrebbe emessa dal nucleo atomico. Si tratterebbe, 
              invece, di una particella cinetica che avrebbe ricevuto energia 
              magnetica (unitamente ad un quanto di massa addensato) dall’elettrone, 
              al momento che questo percorra l’orbita precedente a quella 
              conosciuta col nome di “stato fondamentale”, posizione 
              questa che gli consente di trovarsi quasi a diretto contatto col 
              circuito ruotante di particelle cinetiche, (è opportuno identificarlo 
              col nome di circuito cinetico). Questo evento condurrà all’estrazione 
              di una particella cinetica dal circuito e alla mobilitazione di 
              quelle altre che lo compongono che, per questa nuova condizione, 
              saranno più facilmente disponibili ad essere trasformate 
              in gravitoni. Alla particella cinetica estratta è opportuno 
              assegnare il nome di “gravitone di prima generazione” 
              e ciò per poterla distinguere da altra analoga particella 
              (gravitone di seconda generazione). La nascita 
              di questa particella avverrà con un certo ritmo (frequenza), 
              che rimane legato alla presenza dell’elettrone in quell’orbita 
              che gli consente di promuoverne l’estrazione.
 
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                   | Il gravitone, particella, molto veloce, perché 
            in possesso d’energia elettromagnetica, è in grado di 
            attraversare i corpi e di penetrare nello spazio atomico. Dopo avere 
            percorso lo spazio che lo divide da un corpo in quiete e non impedito 
            da vincoli, al momento dell’impatto col primo atomo che incontra, 
            e che fa parte del “fronte d’avanzamento del corpo”, 
            si dirige verso il circuito cinetico e, attraverso la cessione del 
            proprio contenuto energetico ad una delle particelle cinetiche che 
            lo compongono, determina altra estrazione analoga a quella che ha 
            condotto alla sua nascita, il che conduce alla mobilitazione di altre 
            particelle cinetiche che avranno il compito di “trascinare” 
            nel loro moto l’atomo che le contiene, assumendo in tal modo 
            il ruolo di “motrici” e, per il possesso dei vettori velocità 
            e quantità di moto, anche quello di “particelle pilota“. La particella cinetica che ha interagito col gravitone è da 
            indicare col nome di “gravitone di seconda generazione”, 
            perché destinata ad interagire con altra particella cinetica, 
            contenuta nel circuito cinetico di altro atomo vicino, e a promuovere 
            altra nuova estrazione, innescando, in tal modo, un effetto domino 
            che si traduce in un aumento, progressivamente crescente del numero 
            dei circuiti cinetici mobilitati, e nella diffusione, in tutto il 
            corpo, di particelle cinetiche libere.
 Questa ipotesi sulla nascita del gravitone, presentandosi il fenomeno 
            in modo continuo, e interessando tutti gli atomi che compongono un 
            corpo, lascia prevedere che un corpo in quiete possa automobilitarsi. 
            Questa possibilità rimane riservata ad atomi singoli o a corpi 
            di piccolissime dimensioni (pulviscolo, pollini ecc.) mentre rimangono 
            esclusi altri corpi in quiete perché, “tutti” risultano 
            impediti da un vincolo che, nella quasi totalità dei casi, 
            è individuabile nel peso del corpo.
 Nel caso che il moto di un corpo in quiete fosse promosso da altro 
            corpo in movimento, non si verifica il trasferimento di particelle 
            cinetiche ma dei “gravitoni di seconda generazione”, mentre. 
            se a promuovere il moto è un mezzo meccanico, (motore a scoppio, 
            elettrico, macchina termica), non si giunge ad una produzione e trasferimento 
            di particelle cinetiche, ma di “gravitoni di prima generazione”, 
            e ciò accade perché, in tutti questi casi, sono coinvolti 
            elettroni liberi in movimento veloce, che trasferiscono con maggiore 
            frequenza energia magnetica ai circuiti cinetici, finendo per coinvolgere 
            particelle cinetiche in misura maggiore di quanto accade nei fenomeni 
            gravitazionali, consentono, in tal modo, il raggiungimento di velocità 
            elevate in tempi brevi.
 Da tutto questo si deduce che il fenomeno di reciproca attrazione 
            dei corpi non rimane legato alla massa, tanto da potere essere considerato 
            un suo “attributo”, ma unicamente alla struttura atomica, 
            per cui là dove questa struttura non fosse presente, verrebbe 
            a mancare anche la forza attrattiva. Questa affermazione troverebbe 
            una smentita nell’esistenza di una stella di neutroni oggi attribuita 
            al risultato del collasso di una stella la cui massa risulti inferiore 
            al valore di 1,44 della massa del nostro Sole, e ciò perché, 
            si ritiene, per valori superiori si giungerebbe all’esistenza 
            di un buco nero. Naturalmente in una stella di questo tipo che, ha 
            una densità di 10^15; g/cm³, associata a dimensioni geometriche 
            ridottissime (10-15 Km di raggio), venendo meno la presenza di una 
            struttura atomica anche la forza attrattiva gravitazionale dovrebbe 
            mancare, mentre, invece, rimane presente un’elevatissima accelerazione 
            gravitazionale di superficie. Come giustificare questa grave contraddizione?
 La risposta è semplice: la stella a neutroni non è il 
            risultato del collasso di una stella ma si tratterebbe di un “residuo 
            fossile”, risalente ai momenti iniziali della formazione del 
            nostro universo, che risulterebbe essere formato da un ammasso di 
            neutroni, originatesi dalla fusione di protoni ed elettroni avvenuta 
            all’interno della primordiale nube d’idrogeno. In questa 
            circostanza ogni nucleo atomico risulterà essere formato dalla 
            sola particella neutrone che risulta circondata, come lo era prima 
            della fusione, da circuiti cinetici e da particelle termiche.
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          |  | Il veloce movimento rotatorio della stella verrebbe 
              promosso dalla numerosa presenza di particelle cinetiche mentre 
              i neutroni, ricevendo energia termica, unitamente ai quanti di massa 
              che la contengono, acquistano una carica negativa, e, ruotando, 
              finiscono per rivestire lo stesso ruolo degli elettroni, che li 
              conduce all’emissione d’energia magnetica che, una volta 
              trasferita alle particelle cinetiche, li trasforma in gravitoni, 
              che risultano essere molto più numerosi di quelli provenienti 
              dalle interazioni tra particelle cinetiche ed elettroni. In queste 
              condizioni rimane giustificata l’esistenza dell’enorme 
              attrazione gravitazionale di superficie nonché, per la presenza 
              di un campo magnetico particolarmente intenso, perché legato 
              all’enorme velocità di rotazione, (decine di giri al 
              minuto secondo), l’emissione di radio-onde (pulsar).Questa nuova interpretazione della gravità lascia prevedere 
              alcune precise regole che verrebbero confermate dall’esperienza 
              e cioè:
 1) due corpi aventi la stessa massa non 
              possono attrarsi reciprocamente se si trovano in stato di moto rettilineo 
              poiché, in questo caso, i gravitoni, limitandosi a determinare 
              un’accelerazione in un moto preesistente, consentirebbero 
              il mantenimento di una equidistanza. Se così 
              non fosse le gocce di pioggia si fonderebbero e sulla Terra giungerebbe 
              una cascata d’acqua.  2) due corpi in quiete possono attrarsi a condizione che 
              siano liberi di muoversi e non impediti da vincoli. Corpi 
              che si trovino in queste condizioni non esistono nel nostro mondo 
              poiché “tutti” i corpi in quiete lo sono perché 
              impediti da vincoli, e, in queste condizioni, finiscono per farsi 
              attraversare dai gravitoni. Esiste, a conferma, un preciso riscontro sperimentale rappresentato 
              dall’esperimento di Cavendish, riguardante 
              un corpo in quiete, perché impedito da vincoli, e altro corpo 
              libero di muoversi, ma soltanto di moto rotatorio.
 
 Purtroppo il risultato è stato deludente, sia perché 
              si è ottenuto di promuovere il moto in misura limitata, sia 
              perché non si è tenuto in debito conto dell’azione 
              “frenante” determinata dal lavoro compiuto avverso la 
              forza centrifuga nel compimento del moto rotatorio, pertanto il 
              valore di G (costante di gravità), ricavato da questo esperimento, 
              rimane poco attendibile.Un esperimento molto semplice è quello che si riferisce al 
              lancio di una pietra in alto verticalmente: questa, prima d’invertire 
              il verso del moto dovrà, ovviamente, rimanere in quiete anche 
              se per un intervallo di tempo brevissimo. E’ proprio in questa 
              condizione (in quiete e non impedita da vincoli) che i gravitoni 
              sono in grado di agire e condurla in basso. Una terza regola fondamentale 
              è la seguente:
 3) un corpo in quiete non può 
              attrarre o respingere altro corpo che si muove di moto circolare.Questo dettato rimane in contrasto con gli attuali convincimenti 
              rivolti a giustificare il moto dei pianeti attorno al Sole, della 
              Luna attorno alla Terra e quello dei satelliti artificiali, poiché, 
              si sostiene, questo moto servirebbe, attraverso l’istaurasi 
              della forza centrifuga, ad opporsi alla forza attrattiva gravitazionale, 
              il che finirebbe per escludere che possa esistere una forza gravitazionale 
              che sia di tipo espulsivo, poiché, in questo caso, le azioni 
              delle due forze finirebbero per sommarsi.
 Si è da sempre ritenuta possibile in assenza d’attrito, 
              l'esistenza di un moto circolare uniforme alla stregua del moto 
              rettilineo uniforme. Questo errato convincimento rimane imperante 
              perché, pur riconoscendo che questo tipo di moto va considerato 
              accelerato, perché cambiano continuamente di direzione e 
              verso i vettori che lo promuovono, non è stata presa in considerazione 
              l’esistenza di un’altra accelerazione, da riferire ad 
              un aumento del contenuto energetico, che si rende indispensabile 
              per ovviare alla continua perdita di energia, prodotta dal compimento 
              di quel lavoro avverso la forza centrifuga, in modo da consentire 
              il mantenimento costante della velocità del percorso circolare. 
              Senza un apporto energetico di provenienza esterna, si giungerebbe 
              ad una riduzione della velocità e alla cessazione del moto.
 Questo rilievo rimane di notevole importanza nella dinamica celeste, 
              poiché consente di giustificare, sia la forma e la lunghezza 
              dei percorsi orbitali, sia le velocità che verrebbero raggiunte.
 Per comprendere come sia stato possibile giungere ai risultati che 
              ci è dato osservare prendiamo in esame l’orbita lunare, 
              molto vicina a quella circolare, che mantiene immutati percorso 
              e velocità, risultato questo che risulterebbe incomprensibile 
              se si tenesse conto della continua perdita d’energia a cui 
              il nostro satellite è andato incontro nel corso degli anni 
              trascorsi. In verità, in questo caso, ci troviamo di fronte 
              ad un moto accelerato in quella giusta misura che consente di rimediare 
              allo stillicidio d’energia. Un moto di questo tipo non può 
              che essere gravitazionale. Questo ci conferma che i gravitoni terrestri 
              invece di promuovere il moto attrattivo gravitazionale rimangono 
              impegnati a produrre un moto circolare “accelerato” 
              sul corpo lunare.
 Va detto, per inciso, che l’uso del termine “accelerato” 
              rimane improprio, se riferito ad un corpo che mantiene costante 
              la sua velocità, ma non lo è se si considera che esiste 
              una differenza sostanziale tra un corpo che mantiene costante la 
              velocità e il contenuto energetico e altro corpo che mantiene 
              costante la velocità attraverso un continuo apporto energetico.
 Se ci riferiamo alle orbite dei pianeti, poiché i gravitoni 
              non sono in grado di calcolare, nella misura strettamente matematica, 
              la quantità di energia da mobilitare, per consentire il raggiungimento 
              della condizione di moto uniforme, rimane logico supporre che questa 
              condizione sia stata raggiunta gradualmente nel corso degli anni 
              trascorsi, e ciò attraverso continue modifiche del percorso 
              orbitale che avrebbero condotto ad una riduzione della velocità 
              di rotazione e, conseguentemente, della forza centrifuga, e ciò, 
              fino al raggiungimento di una condizione di equilibrio.
 Questa ipotesi ci suggerisce che le orbite dei pianeti inizialmente 
              siano state non soltanto circolari ma anche di corto raggio. Poiché 
              per il raggiungimento della condizione di equilibrio è richiesta 
              la compensazione delle perdite, che può essere ottenuta soltanto 
              attraverso un aumento del contenuto energetico, si è reso 
              necessario, per ottenere questo risultato, nel caso che l’aumento 
              del contenuto energetico risultasse insufficiente, di giungere ad 
              una modifica dell’orbita circolare che, assumendo una forma 
              oblunga riduce la forza centrifuga e con essa la perdita di energia.
 Questo argomento sarà completato quando sarà affrontato 
              il tema riguardante la formazione del circuito orbitale dei pianeti 
              e il fenomeno della precessione che riguarda il pianeta Mercurio.
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          |  | 4) Due corpi di masse diverse 
              non possono attrarsi reciprocamente ma è soltanto il corpo 
              di massa maggiore che può attrarre quello di massa minore. 
              La spiegazione, che contraddice l’attuale convincimento che 
              vuole che l’attrazione sia reciproca, va individuata nei valori 
              dell’intensità dei gravitoni che, se trae origine da 
              un corpo di piccole dimensioni, rimane inadeguata per attrarre un 
              corpo più grande. Di rilevante importanza rimane un’ultima 
              regola. 5) Un corpo in movimento con verso opposto a quello che 
              sarebbe prodotto dalla gravità, non può essere sottoposto 
              a questa, poiché verrebbe attraversato dai gravitoni per 
              essere questa condizione equiparabile a quella di altro corpo che 
              fosse impedito nel moto da un vincolo.Nell’esperimento della pietra lanciata in alto si assiste 
              ad una riduzione progressiva della velocità fino a giungere 
              alla cessazione del moto. Oggi si ritiene che la pietra, andando 
              verso l’alto, compia un lavoro e che sia costretta, di conseguenza, 
              a cedere energia cinetica al campo gravitazionale che, a sua volta, 
              la restituirebbe alla pietra sotto forma d’energia potenziale 
              che, trasformata in energia cinetica, si renderebbe responsabile 
              del successivo moto gravitazionale diretto verso il basso. In verità 
              la riduzione progressiva della velocità della pietra, venendo 
              a mancare l’attrito, non può, a rigore di logica, che 
              essere attribuita alla perdita d’energia attraverso il compimento 
              di un lavoro che, in questo caso, rimane escluso per la mancanza 
              della gravità secondo quanto è stato previsto in precedenza 
              dalla regola 5
 La pietra, lanciata in alto, segue un percorso non già perpendicolare 
              ma obliquo il che ci suggerisce che segue lo stesso percorso dei 
              gravitoni che l’attraversano. Questa circostanza induce ad 
              attribuire ai gravitoni altro ruolo unitamente a quello primario 
              gravitazionale.
 I gravitoni, dopo avere attraversato un corpo, al momento della 
              loro fuoruscita, si renderebbero responsabili di un’azione 
              di rinculo, reso possibile per essere dotati di quantità 
              di moto non trascurabile, se si tiene conto che, pur essendo la 
              massa piccolissima, la velocità è uguale a quella 
              della luce. Questo evento, che si ripete in successione temporale, 
              perché legato alla frequenza, finisce per essere equivalente 
              a delle brusche frenate (o vincoli) che, ripetendosi in sequela, 
              costringono le particelle cinetiche a lasciare il loro posto nei 
              circuiti “motori” e fare rientro nei circuiti cinetici 
              di provenienza, il che si traduce in una riduzione del numero delle 
              particelle cinetiche preposte al moto del corpo e, conseguentemente, 
              della velocità fino a giungere alla cessazione del moto, 
              condizione questa che consente l’istaurarsi dei fenomeni attrattivi 
              gravitazionali.
 Questa interpretazione rimane valida anche in campo astronomico: 
              un asteroide che si muove in direzione della Terra, quando giunge 
              ad una certa distanza finisce per essere sottoposto alla gravità 
              e, di conseguenza, il suo moto iniziale si trasforma in moto accelerato 
              il che conduce ad un aumento progressivo della velocità e 
              della quantità di moto e da qui i risultati devastanti prodotti 
              dall’impatto col suolo.
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          |                 | E’ prevedibile che gli stessi effetti si verificherebbero 
            nel caso che l’asteroide precipitasse sul Sole in cui è 
            presente una gravità di tipo espulsivo, e ciò contrariamente 
            a quella logica che farebbe supporre che questo tipo di gravità, 
            esercitando un’azione antagonista al moto dell’asteroide, 
            condurrebbe ad una rapida riduzione della velocità fino alla 
            cessazione del moto seguito da altro accelerato di verso opposto. La previsione invece vuole che i gravitoni solari si limitino ad attraversare 
            l’asteroide per essere questo sottoposto a quel “vincolo 
            dinamico” creato dal moto avente verso opposto a quello 
            espulsivo gravitazionale. In questa circostanza s’inserisce 
            il fenomeno del rinculo con conseguenze più catastrofiche da 
            riferire all’enorme numero di gravitoni, di provenienza solare, 
            che attraversano il corpo, il che lascerebbe erroneamente presumere, 
            per la presenza di un’identità d’effetti, che la 
            gravità debba essere attrattiva.
 Questo esempio immaginario è stato fatto per giustificare lo 
            scontro tra corpi stellari che è stato attribuito, erroneamente, 
            ad una gravità di tipo attrattivo, e ciò perché 
            rimane imperante, fino ai nostri giorni, il dettato di Newton che 
            prevede che la gravità attrattiva, presente sulla Terra, vada 
            riferita a tutti i corpi celesti.
 Questa semplice interpretazione ci consente di ottenere informazioni 
            certe riguardanti il peso della massa a riposo, e di sfatare, al contempo, 
            l’errato convincimento, legato alla dinamica newtoniana, che 
            vuole che la massa peso diminuisca con l’altezza in conseguenza 
            di una diminuzione del valore di g, e ciò, dando per scontato 
            che il valore del peso della massa debba rimanere immutato ad altezze 
            diverse.
 Questo dettato rimane in aperto contrasto con quanto è stato 
            sostenuto in precedenza attraverso l’affermazione che il valore 
            di g sia legato alla frequenza dei gravitoni, frequenza questa che, 
            come quella che appartiene alla luce, rimane sempre la stessa a qualsiasi 
            distanza dalla sorgente venga misurata, il che ci fa ritenere che, 
            con l’altezza, debba necessariamente variare il peso della massa.
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          |  | Newton aveva definito la massa una 
            quantità di materia, quantità che, per essere misurabile, 
            richiede due sole metodiche: una prima, consistente nel misurare il 
            valore dell’accelerazione prodotta su una quantità di 
            massa, da una forza nota, e questo avvalendosi per i calcoli della 
            nota formula m = F/a, mentre, una seconda 
            utilizza una bilancia a piatti che, a differenza del dinamometro, 
            misura il peso della massa e non già la massa peso. Utilizzando questo secondo procedimento si è costatato che 
            il peso della massa rimaneva immutato a qualsiasi altezza avvenisse 
            la misurazione, il che non sta ad indicare l’immutabilità 
            del peso della massa, giacché anche il peso campione rimane 
            soggetto alle stesse variazioni della massa sottoposta a misurazione.
 Il peso di un corpo a riposo non rimane legato soltanto al suo contenuto 
            di materia che, per la legge di conservazione della massa va ritenuto 
            immutabile, ma va considerato un valore “acquisito” attraverso 
            l’apporto della quantità di moto, trasmessa dai gravitoni 
            attraverso il fenomeno del rinculo, che rimane strettamente dipendente 
            dal loro numero per unità di volume (intensità) che 
            sappiamo, così come accade per la luce, diminuisce progressivamente 
            in misura inversa con il quadrato della distanza dalla sorgente. Ecco 
            giustificata la diminuzione del peso del corpo con l’altezza.
 Quando misuriamo il peso di un corpo per mezzo del dinamometro i risultati 
            vanno riferiti, sia agli effetti prodotti sulla massa dalla gravità, 
            sia a quelli prodotti dalla quantità di moto, che verrebbe 
            trasmessa al corpo dai gravitoni attraverso il rinculo, e che, per 
            la presenza sul dinamometro di un vincolo, s’inserisce immediatamente 
            al momento della lettura.
 Le stesse circostanze sono presenti se utilizziamo il metodo di promuovere 
            un’accelerazione in un corpo in quiete attraverso una forza 
            nota, poiché, in questo caso, il corpo, risiedendo sulla Terra, 
            rimane permanentemente attraversato dai gravitoni e, pertanto, in 
            possesso del peso della massa che rimane costante, poiché costante 
            è la quantità di moto che la determina. La massa, misurata 
            con una bilancia a piatti, risulta, in conseguenza della presenza 
            di un vincolo, esclusa dagli effetti gravitazionali, ma non già 
            da quelli da riferire al rinculo.
 A questo punto rimane da capire come la presenza della quantità 
            di moto possa essere responsabile di dare un peso alla massa. Quando 
            lanciamo una palla al muro e questa rimbalza, una piccola parte della 
            quantità di moto della palla si trasferisce al muro senza produrre 
            effetti motori, e ciò accade per la presenza di un vincolo 
            che costringe la quantità di moto a diffondersi sulla massa 
            terrestre.
 La quantità di moto, distribuita in una massa quasi infinita 
            rispetto alla palla, riduce la velocità fino ad un valore nullo. 
            Questo semplice esperimento ci dice che la quantità di moto 
            può essere presente per un tempo brevissimo in un corpo in 
            quiete perché impedito da un vincolo. Se riconduciamo questa 
            esperienza a quella del rinculo, prodotta dai gravitoni, è 
            possibile rilevare che sussiste, parallelamente al trasferimento della 
            quantità di moto alla massa terrestre, un continuo nuovo apporto 
            attraverso la frequenza. In queste condizioni entra in gioco un’altra 
            grandezza che prende il nome d’impulso che è uguale a 
            quello comunicato al corpo da una forza, e che è determinato 
            da una variazione della quantità di moto che, nel nostro caso, 
            va riferita ad un intervallo di tempo il che è equivalente.
 Ben diverse sono le condizioni che sono presenti nella massa delle 
            particelle subatomiche poiché queste, venendo a mancare gli 
            effetti prodotti dai gravitoni, poiché non possono essere da 
            questi attraversati, risulterebbero essere prive di peso trattandosi 
            di una condizione “acquisita” e non già intrinseca 
            alla massa, e da qui l’attendibilità della misurazione 
            della massa di queste particelle in MeV. Poiché, quando si 
            parla di massa inerziale, ci riferiamo a quella presente nei corpi 
            che hanno acquisito il possesso di un peso, è presumibile che 
            nelle particelle elementari venga a mancare col peso anche l’inerzia 
            il che le renderebbe particolarmente sensibili all’azione delle 
            forze elettriche.
 Una conferma a questa nuova interpretazione ci proviene da un semplice 
            esperimento che riguarda il caso di un secchio che verrebbe immerso 
            in un contenitore d’acqua: è facile rilevare, in questa 
            circostanza, la mancanza della gravità perché il secchio 
            può essere agevolmente sollevato fino a quando non viene raggiunto 
            il livello dell’acqua. Questo accade perché i gravitoni 
            si limitano ad attraversare, sia l’acqua contenuta nel secchio, 
            sia quella soprastante, ma sarà soltanto quando il secchio 
            avrà raggiunto il livello di separazione con l’aria che 
            questi potranno esercitare la loro azione di rinculo che produrrà 
            sul secchio l’effetto di renderlo un po’ pesante e ciò 
            fino al momento in cui sarà superato tale livello, quando, 
            essendo presenti gli effetti attrattivi della gravità, il peso 
            finirà per risultare essere quello gravitazionale misurabile 
            col dinamometro. In questa circostanza la forza di Archimede riveste 
            un ruolo secondario perché va riferita al secchio vuoto e, 
            di conseguenza, sarà modesto il peso del liquido spostato.
 Tutto questo ci dice che al gravitone è consentito di produrre, 
            attraverso la mobilitazione di particelle cinetiche, un’accelerazione 
            in un corpo che sia in movimento, o in quiete in assenza di vincoli, 
            regola questa che si applica anche a quei gravitoni generati da macchine 
            motrici o da una reazione chimica (fenomeno esplosivo). Il progressivo 
            aumento della velocità rimane legato al numero delle particelle 
            cinetiche che verrebbero mobilitate e, di conseguenza, alla frequenza 
            con cui si susseguono i gravitoni. Dal momento che i riscontri sperimentali 
            di quest’ipotesi variano da luogo a luogo, e nei diversi pianeti 
            indipendentemente della loro massa, si rende necessario precisare 
            quali sono le condizioni che vanno ritenute responsabili di determinare 
            la frequenza dei gravitoni.
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