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SUPERMONDO,
un modello d'universo immaginario |
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E’ certo che rimanevano molti lati oscuri e incertezze, che
l’introduzione del gravitone non è servita a dissipare,
tanto che sono molti gli studiosi rimasti fedeli al primitivo concetto
di forza, e ciò, anche in considerazione del fatto che questa
particella non ha ricevuto conferme della sua reale esistenza.
In verità l’idea del gravitone è nata dal tentativo
di individuare un denominatore comune a tutte le quattro forze fondamentali
della natura, e poiché l’interazione riguardante le
altre tre forze, avveniva attraverso la mediazione di una particella,
si è pensato di estendere questa presenza anche all’interazione
gravitazionale.
Questa particella è servita a giustificare l’interazione
gravitazionale ma non già se questa sia di tipo attrattivo
o repulsivo, entrambi presenti in natura. Da qui nasce la necessità
di individuare i modi che conducono ai risultati delle osservazioni.
Premesso che il circuito ruotante, fatto di particelle cinetiche,
presenta due versi opposti di moto, se immaginiamo che il suo asse
di rotazione giaccia su un piano parallelo a quello della superficie
terrestre, l’interazione tra gravitone e particella cinetica
potrà avvenire soltanto nel momento che questa è diretta
verso l’alto, poiché, in tal modo, i vettori velocità,
avendo la stessa direzione, finiscono per sommarsi, mentre, nel
caso che all’interazione fosse interessata una particella
cinetica che si muova nel verso opposto, si giungerebbe alla risultante
tra i due vettori, il che condurrebbe ad una riduzione della velocità
della particella da estrarre che, ovviamente, risulterebbe dannosa
al fine della mobilitazione delle particelle cinetiche dal proprio
circuito; è presumibile, pertanto, che, per giungere a questo
risultato, debbano verificarsi diverse interazioni “utili”
che interessino più circuiti di particelle cinetiche, il
che evidenzia il ruolo importantissimo che riveste “l’intensità”
dei gravitoni.
E’ presumibile che la mobilitazione delle particelle cinetiche,
che compongono il circuito ruotante, avvenga dopo che queste abbiano
eseguito quella parte di percorso che le conduce ad una inversione
del verso di rotazione e cioè in direzione del punto di origine
del gravitone, risultato questo che starebbe ad indicare il verificarsi
di un effetto attrattivo, mentre nei casi in cui il gravitone risulta
essere in possesso di energia di maggiore potenza, si giungerebbe
all’estrazione immediata della particella cinetica, e cioè
prima che questa compia quel breve percorso che la conduce ad un’inversione
di rotta, e, di conseguenza, in questo caso, l’interazione
gravitazionale risulterebbe di tipo espulsivo. E’ quanto accade
ai gravitoni che traggono origine da una stella poiché, in
questo caso, risultano in possesso di energia di maggior potenza
perché proveniente dalle reazioni termonucleari. Da qui l’ipotesi
della contemporanea presenza, nel nostro universo, di fenomeni gravitazionali,
sia attrattivi, sia respulsivi.
Si rende necessario, a questo punto, giungere ad un chiarimento
sulla nascita del gravitone ritenuto oggi essere una particella
virtuale che verrebbe emessa dal nucleo atomico. Si tratterebbe,
invece, di una particella cinetica che avrebbe ricevuto energia
magnetica (unitamente ad un quanto di massa addensato) dall’elettrone,
al momento che questo percorra l’orbita precedente a quella
conosciuta col nome di “stato fondamentale”, posizione
questa che gli consente di trovarsi quasi a diretto contatto col
circuito ruotante di particelle cinetiche, (è opportuno identificarlo
col nome di circuito cinetico). Questo evento condurrà all’estrazione
di una particella cinetica dal circuito e alla mobilitazione di
quelle altre che lo compongono che, per questa nuova condizione,
saranno più facilmente disponibili ad essere trasformate
in gravitoni. Alla particella cinetica estratta è opportuno
assegnare il nome di “gravitone di prima generazione”
e ciò per poterla distinguere da altra analoga particella
(gravitone di seconda generazione). La nascita
di questa particella avverrà con un certo ritmo (frequenza),
che rimane legato alla presenza dell’elettrone in quell’orbita
che gli consente di promuoverne l’estrazione.
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Il gravitone, particella, molto veloce, perché
in possesso d’energia elettromagnetica, è in grado di
attraversare i corpi e di penetrare nello spazio atomico. Dopo avere
percorso lo spazio che lo divide da un corpo in quiete e non impedito
da vincoli, al momento dell’impatto col primo atomo che incontra,
e che fa parte del “fronte d’avanzamento del corpo”,
si dirige verso il circuito cinetico e, attraverso la cessione del
proprio contenuto energetico ad una delle particelle cinetiche che
lo compongono, determina altra estrazione analoga a quella che ha
condotto alla sua nascita, il che conduce alla mobilitazione di altre
particelle cinetiche che avranno il compito di “trascinare”
nel loro moto l’atomo che le contiene, assumendo in tal modo
il ruolo di “motrici” e, per il possesso dei vettori velocità
e quantità di moto, anche quello di “particelle pilota“.
La particella cinetica che ha interagito col gravitone è da
indicare col nome di “gravitone di seconda generazione”,
perché destinata ad interagire con altra particella cinetica,
contenuta nel circuito cinetico di altro atomo vicino, e a promuovere
altra nuova estrazione, innescando, in tal modo, un effetto domino
che si traduce in un aumento, progressivamente crescente del numero
dei circuiti cinetici mobilitati, e nella diffusione, in tutto il
corpo, di particelle cinetiche libere.
Questa ipotesi sulla nascita del gravitone, presentandosi il fenomeno
in modo continuo, e interessando tutti gli atomi che compongono un
corpo, lascia prevedere che un corpo in quiete possa automobilitarsi.
Questa possibilità rimane riservata ad atomi singoli o a corpi
di piccolissime dimensioni (pulviscolo, pollini ecc.) mentre rimangono
esclusi altri corpi in quiete perché, “tutti” risultano
impediti da un vincolo che, nella quasi totalità dei casi,
è individuabile nel peso del corpo.
Nel caso che il moto di un corpo in quiete fosse promosso da altro
corpo in movimento, non si verifica il trasferimento di particelle
cinetiche ma dei “gravitoni di seconda generazione”, mentre.
se a promuovere il moto è un mezzo meccanico, (motore a scoppio,
elettrico, macchina termica), non si giunge ad una produzione e trasferimento
di particelle cinetiche, ma di “gravitoni di prima generazione”,
e ciò accade perché, in tutti questi casi, sono coinvolti
elettroni liberi in movimento veloce, che trasferiscono con maggiore
frequenza energia magnetica ai circuiti cinetici, finendo per coinvolgere
particelle cinetiche in misura maggiore di quanto accade nei fenomeni
gravitazionali, consentono, in tal modo, il raggiungimento di velocità
elevate in tempi brevi.
Da tutto questo si deduce che il fenomeno di reciproca attrazione
dei corpi non rimane legato alla massa, tanto da potere essere considerato
un suo “attributo”, ma unicamente alla struttura atomica,
per cui là dove questa struttura non fosse presente, verrebbe
a mancare anche la forza attrattiva. Questa affermazione troverebbe
una smentita nell’esistenza di una stella di neutroni oggi attribuita
al risultato del collasso di una stella la cui massa risulti inferiore
al valore di 1,44 della massa del nostro Sole, e ciò perché,
si ritiene, per valori superiori si giungerebbe all’esistenza
di un buco nero. Naturalmente in una stella di questo tipo che, ha
una densità di 10^15; g/cm³, associata a dimensioni geometriche
ridottissime (10-15 Km di raggio), venendo meno la presenza di una
struttura atomica anche la forza attrattiva gravitazionale dovrebbe
mancare, mentre, invece, rimane presente un’elevatissima accelerazione
gravitazionale di superficie. Come giustificare questa grave contraddizione?
La risposta è semplice: la stella a neutroni non è il
risultato del collasso di una stella ma si tratterebbe di un “residuo
fossile”, risalente ai momenti iniziali della formazione del
nostro universo, che risulterebbe essere formato da un ammasso di
neutroni, originatesi dalla fusione di protoni ed elettroni avvenuta
all’interno della primordiale nube d’idrogeno. In questa
circostanza ogni nucleo atomico risulterà essere formato dalla
sola particella neutrone che risulta circondata, come lo era prima
della fusione, da circuiti cinetici e da particelle termiche. |
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Il veloce movimento rotatorio della stella verrebbe
promosso dalla numerosa presenza di particelle cinetiche mentre
i neutroni, ricevendo energia termica, unitamente ai quanti di massa
che la contengono, acquistano una carica negativa, e, ruotando,
finiscono per rivestire lo stesso ruolo degli elettroni, che li
conduce all’emissione d’energia magnetica che, una volta
trasferita alle particelle cinetiche, li trasforma in gravitoni,
che risultano essere molto più numerosi di quelli provenienti
dalle interazioni tra particelle cinetiche ed elettroni. In queste
condizioni rimane giustificata l’esistenza dell’enorme
attrazione gravitazionale di superficie nonché, per la presenza
di un campo magnetico particolarmente intenso, perché legato
all’enorme velocità di rotazione, (decine di giri al
minuto secondo), l’emissione di radio-onde (pulsar).
Questa nuova interpretazione della gravità lascia prevedere
alcune precise regole che verrebbero confermate dall’esperienza
e cioè:
1) due corpi aventi la stessa massa non
possono attrarsi reciprocamente se si trovano in stato di moto rettilineo
poiché, in questo caso, i gravitoni, limitandosi a determinare
un’accelerazione in un moto preesistente, consentirebbero
il mantenimento di una equidistanza. Se così
non fosse le gocce di pioggia si fonderebbero e sulla Terra giungerebbe
una cascata d’acqua.
2) due corpi in quiete possono attrarsi a condizione che
siano liberi di muoversi e non impediti da vincoli. Corpi
che si trovino in queste condizioni non esistono nel nostro mondo
poiché “tutti” i corpi in quiete lo sono perché
impediti da vincoli, e, in queste condizioni, finiscono per farsi
attraversare dai gravitoni.
Esiste, a conferma, un preciso riscontro sperimentale rappresentato
dall’esperimento di Cavendish, riguardante
un corpo in quiete, perché impedito da vincoli, e altro corpo
libero di muoversi, ma soltanto di moto rotatorio.
Purtroppo il risultato è stato deludente, sia perché
si è ottenuto di promuovere il moto in misura limitata, sia
perché non si è tenuto in debito conto dell’azione
“frenante” determinata dal lavoro compiuto avverso la
forza centrifuga nel compimento del moto rotatorio, pertanto il
valore di G (costante di gravità), ricavato da questo esperimento,
rimane poco attendibile.
Un esperimento molto semplice è quello che si riferisce al
lancio di una pietra in alto verticalmente: questa, prima d’invertire
il verso del moto dovrà, ovviamente, rimanere in quiete anche
se per un intervallo di tempo brevissimo. E’ proprio in questa
condizione (in quiete e non impedita da vincoli) che i gravitoni
sono in grado di agire e condurla in basso. Una terza regola fondamentale
è la seguente:
3) un corpo in quiete non può
attrarre o respingere altro corpo che si muove di moto circolare.
Questo dettato rimane in contrasto con gli attuali convincimenti
rivolti a giustificare il moto dei pianeti attorno al Sole, della
Luna attorno alla Terra e quello dei satelliti artificiali, poiché,
si sostiene, questo moto servirebbe, attraverso l’istaurasi
della forza centrifuga, ad opporsi alla forza attrattiva gravitazionale,
il che finirebbe per escludere che possa esistere una forza gravitazionale
che sia di tipo espulsivo, poiché, in questo caso, le azioni
delle due forze finirebbero per sommarsi.
Si è da sempre ritenuta possibile in assenza d’attrito,
l'esistenza di un moto circolare uniforme alla stregua del moto
rettilineo uniforme. Questo errato convincimento rimane imperante
perché, pur riconoscendo che questo tipo di moto va considerato
accelerato, perché cambiano continuamente di direzione e
verso i vettori che lo promuovono, non è stata presa in considerazione
l’esistenza di un’altra accelerazione, da riferire ad
un aumento del contenuto energetico, che si rende indispensabile
per ovviare alla continua perdita di energia, prodotta dal compimento
di quel lavoro avverso la forza centrifuga, in modo da consentire
il mantenimento costante della velocità del percorso circolare.
Senza un apporto energetico di provenienza esterna, si giungerebbe
ad una riduzione della velocità e alla cessazione del moto.
Questo rilievo rimane di notevole importanza nella dinamica celeste,
poiché consente di giustificare, sia la forma e la lunghezza
dei percorsi orbitali, sia le velocità che verrebbero raggiunte.
Per comprendere come sia stato possibile giungere ai risultati che
ci è dato osservare prendiamo in esame l’orbita lunare,
molto vicina a quella circolare, che mantiene immutati percorso
e velocità, risultato questo che risulterebbe incomprensibile
se si tenesse conto della continua perdita d’energia a cui
il nostro satellite è andato incontro nel corso degli anni
trascorsi. In verità, in questo caso, ci troviamo di fronte
ad un moto accelerato in quella giusta misura che consente di rimediare
allo stillicidio d’energia. Un moto di questo tipo non può
che essere gravitazionale. Questo ci conferma che i gravitoni terrestri
invece di promuovere il moto attrattivo gravitazionale rimangono
impegnati a produrre un moto circolare “accelerato”
sul corpo lunare.
Va detto, per inciso, che l’uso del termine “accelerato”
rimane improprio, se riferito ad un corpo che mantiene costante
la sua velocità, ma non lo è se si considera che esiste
una differenza sostanziale tra un corpo che mantiene costante la
velocità e il contenuto energetico e altro corpo che mantiene
costante la velocità attraverso un continuo apporto energetico.
Se ci riferiamo alle orbite dei pianeti, poiché i gravitoni
non sono in grado di calcolare, nella misura strettamente matematica,
la quantità di energia da mobilitare, per consentire il raggiungimento
della condizione di moto uniforme, rimane logico supporre che questa
condizione sia stata raggiunta gradualmente nel corso degli anni
trascorsi, e ciò attraverso continue modifiche del percorso
orbitale che avrebbero condotto ad una riduzione della velocità
di rotazione e, conseguentemente, della forza centrifuga, e ciò,
fino al raggiungimento di una condizione di equilibrio.
Questa ipotesi ci suggerisce che le orbite dei pianeti inizialmente
siano state non soltanto circolari ma anche di corto raggio. Poiché
per il raggiungimento della condizione di equilibrio è richiesta
la compensazione delle perdite, che può essere ottenuta soltanto
attraverso un aumento del contenuto energetico, si è reso
necessario, per ottenere questo risultato, nel caso che l’aumento
del contenuto energetico risultasse insufficiente, di giungere ad
una modifica dell’orbita circolare che, assumendo una forma
oblunga riduce la forza centrifuga e con essa la perdita di energia.
Questo argomento sarà completato quando sarà affrontato
il tema riguardante la formazione del circuito orbitale dei pianeti
e il fenomeno della precessione che riguarda il pianeta Mercurio.
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4) Due corpi di masse diverse
non possono attrarsi reciprocamente ma è soltanto il corpo
di massa maggiore che può attrarre quello di massa minore.
La spiegazione, che contraddice l’attuale convincimento che
vuole che l’attrazione sia reciproca, va individuata nei valori
dell’intensità dei gravitoni che, se trae origine da
un corpo di piccole dimensioni, rimane inadeguata per attrarre un
corpo più grande. Di rilevante importanza rimane un’ultima
regola.
5) Un corpo in movimento con verso opposto a quello che
sarebbe prodotto dalla gravità, non può essere sottoposto
a questa, poiché verrebbe attraversato dai gravitoni per
essere questa condizione equiparabile a quella di altro corpo che
fosse impedito nel moto da un vincolo.
Nell’esperimento della pietra lanciata in alto si assiste
ad una riduzione progressiva della velocità fino a giungere
alla cessazione del moto. Oggi si ritiene che la pietra, andando
verso l’alto, compia un lavoro e che sia costretta, di conseguenza,
a cedere energia cinetica al campo gravitazionale che, a sua volta,
la restituirebbe alla pietra sotto forma d’energia potenziale
che, trasformata in energia cinetica, si renderebbe responsabile
del successivo moto gravitazionale diretto verso il basso. In verità
la riduzione progressiva della velocità della pietra, venendo
a mancare l’attrito, non può, a rigore di logica, che
essere attribuita alla perdita d’energia attraverso il compimento
di un lavoro che, in questo caso, rimane escluso per la mancanza
della gravità secondo quanto è stato previsto in precedenza
dalla regola 5
La pietra, lanciata in alto, segue un percorso non già perpendicolare
ma obliquo il che ci suggerisce che segue lo stesso percorso dei
gravitoni che l’attraversano. Questa circostanza induce ad
attribuire ai gravitoni altro ruolo unitamente a quello primario
gravitazionale.
I gravitoni, dopo avere attraversato un corpo, al momento della
loro fuoruscita, si renderebbero responsabili di un’azione
di rinculo, reso possibile per essere dotati di quantità
di moto non trascurabile, se si tiene conto che, pur essendo la
massa piccolissima, la velocità è uguale a quella
della luce. Questo evento, che si ripete in successione temporale,
perché legato alla frequenza, finisce per essere equivalente
a delle brusche frenate (o vincoli) che, ripetendosi in sequela,
costringono le particelle cinetiche a lasciare il loro posto nei
circuiti “motori” e fare rientro nei circuiti cinetici
di provenienza, il che si traduce in una riduzione del numero delle
particelle cinetiche preposte al moto del corpo e, conseguentemente,
della velocità fino a giungere alla cessazione del moto,
condizione questa che consente l’istaurarsi dei fenomeni attrattivi
gravitazionali.
Questa interpretazione rimane valida anche in campo astronomico:
un asteroide che si muove in direzione della Terra, quando giunge
ad una certa distanza finisce per essere sottoposto alla gravità
e, di conseguenza, il suo moto iniziale si trasforma in moto accelerato
il che conduce ad un aumento progressivo della velocità e
della quantità di moto e da qui i risultati devastanti prodotti
dall’impatto col suolo. |
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E’ prevedibile che gli stessi effetti si verificherebbero
nel caso che l’asteroide precipitasse sul Sole in cui è
presente una gravità di tipo espulsivo, e ciò contrariamente
a quella logica che farebbe supporre che questo tipo di gravità,
esercitando un’azione antagonista al moto dell’asteroide,
condurrebbe ad una rapida riduzione della velocità fino alla
cessazione del moto seguito da altro accelerato di verso opposto.
La previsione invece vuole che i gravitoni solari si limitino ad attraversare
l’asteroide per essere questo sottoposto a quel “vincolo
dinamico” creato dal moto avente verso opposto a quello
espulsivo gravitazionale. In questa circostanza s’inserisce
il fenomeno del rinculo con conseguenze più catastrofiche da
riferire all’enorme numero di gravitoni, di provenienza solare,
che attraversano il corpo, il che lascerebbe erroneamente presumere,
per la presenza di un’identità d’effetti, che la
gravità debba essere attrattiva.
Questo esempio immaginario è stato fatto per giustificare lo
scontro tra corpi stellari che è stato attribuito, erroneamente,
ad una gravità di tipo attrattivo, e ciò perché
rimane imperante, fino ai nostri giorni, il dettato di Newton che
prevede che la gravità attrattiva, presente sulla Terra, vada
riferita a tutti i corpi celesti.
Questa semplice interpretazione ci consente di ottenere informazioni
certe riguardanti il peso della massa a riposo, e di sfatare, al contempo,
l’errato convincimento, legato alla dinamica newtoniana, che
vuole che la massa peso diminuisca con l’altezza in conseguenza
di una diminuzione del valore di g, e ciò, dando per scontato
che il valore del peso della massa debba rimanere immutato ad altezze
diverse.
Questo dettato rimane in aperto contrasto con quanto è stato
sostenuto in precedenza attraverso l’affermazione che il valore
di g sia legato alla frequenza dei gravitoni, frequenza questa che,
come quella che appartiene alla luce, rimane sempre la stessa a qualsiasi
distanza dalla sorgente venga misurata, il che ci fa ritenere che,
con l’altezza, debba necessariamente variare il peso della massa. |
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Newton aveva definito la massa una
quantità di materia, quantità che, per essere misurabile,
richiede due sole metodiche: una prima, consistente nel misurare il
valore dell’accelerazione prodotta su una quantità di
massa, da una forza nota, e questo avvalendosi per i calcoli della
nota formula m = F/a, mentre, una seconda
utilizza una bilancia a piatti che, a differenza del dinamometro,
misura il peso della massa e non già la massa peso.
Utilizzando questo secondo procedimento si è costatato che
il peso della massa rimaneva immutato a qualsiasi altezza avvenisse
la misurazione, il che non sta ad indicare l’immutabilità
del peso della massa, giacché anche il peso campione rimane
soggetto alle stesse variazioni della massa sottoposta a misurazione.
Il peso di un corpo a riposo non rimane legato soltanto al suo contenuto
di materia che, per la legge di conservazione della massa va ritenuto
immutabile, ma va considerato un valore “acquisito” attraverso
l’apporto della quantità di moto, trasmessa dai gravitoni
attraverso il fenomeno del rinculo, che rimane strettamente dipendente
dal loro numero per unità di volume (intensità) che
sappiamo, così come accade per la luce, diminuisce progressivamente
in misura inversa con il quadrato della distanza dalla sorgente. Ecco
giustificata la diminuzione del peso del corpo con l’altezza.
Quando misuriamo il peso di un corpo per mezzo del dinamometro i risultati
vanno riferiti, sia agli effetti prodotti sulla massa dalla gravità,
sia a quelli prodotti dalla quantità di moto, che verrebbe
trasmessa al corpo dai gravitoni attraverso il rinculo, e che, per
la presenza sul dinamometro di un vincolo, s’inserisce immediatamente
al momento della lettura.
Le stesse circostanze sono presenti se utilizziamo il metodo di promuovere
un’accelerazione in un corpo in quiete attraverso una forza
nota, poiché, in questo caso, il corpo, risiedendo sulla Terra,
rimane permanentemente attraversato dai gravitoni e, pertanto, in
possesso del peso della massa che rimane costante, poiché costante
è la quantità di moto che la determina. La massa, misurata
con una bilancia a piatti, risulta, in conseguenza della presenza
di un vincolo, esclusa dagli effetti gravitazionali, ma non già
da quelli da riferire al rinculo.
A questo punto rimane da capire come la presenza della quantità
di moto possa essere responsabile di dare un peso alla massa. Quando
lanciamo una palla al muro e questa rimbalza, una piccola parte della
quantità di moto della palla si trasferisce al muro senza produrre
effetti motori, e ciò accade per la presenza di un vincolo
che costringe la quantità di moto a diffondersi sulla massa
terrestre.
La quantità di moto, distribuita in una massa quasi infinita
rispetto alla palla, riduce la velocità fino ad un valore nullo.
Questo semplice esperimento ci dice che la quantità di moto
può essere presente per un tempo brevissimo in un corpo in
quiete perché impedito da un vincolo. Se riconduciamo questa
esperienza a quella del rinculo, prodotta dai gravitoni, è
possibile rilevare che sussiste, parallelamente al trasferimento della
quantità di moto alla massa terrestre, un continuo nuovo apporto
attraverso la frequenza. In queste condizioni entra in gioco un’altra
grandezza che prende il nome d’impulso che è uguale a
quello comunicato al corpo da una forza, e che è determinato
da una variazione della quantità di moto che, nel nostro caso,
va riferita ad un intervallo di tempo il che è equivalente.
Ben diverse sono le condizioni che sono presenti nella massa delle
particelle subatomiche poiché queste, venendo a mancare gli
effetti prodotti dai gravitoni, poiché non possono essere da
questi attraversati, risulterebbero essere prive di peso trattandosi
di una condizione “acquisita” e non già intrinseca
alla massa, e da qui l’attendibilità della misurazione
della massa di queste particelle in MeV. Poiché, quando si
parla di massa inerziale, ci riferiamo a quella presente nei corpi
che hanno acquisito il possesso di un peso, è presumibile che
nelle particelle elementari venga a mancare col peso anche l’inerzia
il che le renderebbe particolarmente sensibili all’azione delle
forze elettriche.
Una conferma a questa nuova interpretazione ci proviene da un semplice
esperimento che riguarda il caso di un secchio che verrebbe immerso
in un contenitore d’acqua: è facile rilevare, in questa
circostanza, la mancanza della gravità perché il secchio
può essere agevolmente sollevato fino a quando non viene raggiunto
il livello dell’acqua. Questo accade perché i gravitoni
si limitano ad attraversare, sia l’acqua contenuta nel secchio,
sia quella soprastante, ma sarà soltanto quando il secchio
avrà raggiunto il livello di separazione con l’aria che
questi potranno esercitare la loro azione di rinculo che produrrà
sul secchio l’effetto di renderlo un po’ pesante e ciò
fino al momento in cui sarà superato tale livello, quando,
essendo presenti gli effetti attrattivi della gravità, il peso
finirà per risultare essere quello gravitazionale misurabile
col dinamometro. In questa circostanza la forza di Archimede riveste
un ruolo secondario perché va riferita al secchio vuoto e,
di conseguenza, sarà modesto il peso del liquido spostato.
Tutto questo ci dice che al gravitone è consentito di produrre,
attraverso la mobilitazione di particelle cinetiche, un’accelerazione
in un corpo che sia in movimento, o in quiete in assenza di vincoli,
regola questa che si applica anche a quei gravitoni generati da macchine
motrici o da una reazione chimica (fenomeno esplosivo). Il progressivo
aumento della velocità rimane legato al numero delle particelle
cinetiche che verrebbero mobilitate e, di conseguenza, alla frequenza
con cui si susseguono i gravitoni. Dal momento che i riscontri sperimentali
di quest’ipotesi variano da luogo a luogo, e nei diversi pianeti
indipendentemente della loro massa, si rende necessario precisare
quali sono le condizioni che vanno ritenute responsabili di determinare
la frequenza dei gravitoni. |
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