MUSICA E POESIA
SPIRITUALS
Il termine Spiritual songs è tratto da questo versetto della Bibbia:"Speaking to yourselves in psalms and hymns and spiritual songs, singing and making melody in your heart to the Lord" e fu usato dalle comunità cristiane bianche fino alla fine del 1800. Acquistò una marcata caratterizzazione nera col termine di Negro Spiritual o semplicemente Spiritual con l’approccio dei neri al Cristianesimo. Quei canti divennero una rielaborazione in chiave cristiana della musica rituale africana. Lo schema interpretativo era semplice, ma di grande impatto nelle comunità nere, oppresse dal lavoro e dalla schiavitù. Un solista pronunciava ad alta voce una frase, tratta dalle Sacre Scritture o inneggiante la libertà, mentre il coro la ripeteva subito dopo, riproducendo la stessa intonazione e le medesime inflessioni del solista. I fedeli danzavano in circolo, tenendosi per mano, ascoltando le melodie del coro accompagnate dal battito delle mani, dei piedi e delle percussioni (peraltro proibite). Ciò conferiva all’insieme musicale una pulsazione intensa, tipica della poliritmia africana.
Agli inizi del ‘900, con l’affermarsi della cultura afro-americana, gli spirituals vengono raccolti e studiati, depurati dagli africanismi, riarrangiati, armonizzati e riproposti dai grandi complessi vocali neri.
L’uso di cori polifonici travolgenti su ritmi sempre più animati della tradizione nera si unirono ai primi del secolo alle nascenti forme del jazz.
Sono, tuttavia, le voci nere che risuonano nelle chiese a ispirare le prime strumentazioni e i primi arrangiamenti dei jazzisti.
Ad ampliare la vasta gamma di composizioni musicali denominate spirituals sono le realizzazioni, ampliamente documentate discograficamente, dei predicatori itineranti dai primi del Novecento agli anni Quaranta.
La sintassi musicale adottata da questi personaggi integrava le esperienze melodiche del folclore anglosassone con le semplici cadenze armoniche del blues, la perfezione formale dell’innodia metodista con l’intensità emotiva del jubilee.
La vita che descrivono gli spirituals è un passare dall’alba al tramonto, un’attesa della fine, della libertà, della gloria dopo aver raggiunto la terra promessa. Non c’è ribellione, ma rassegnazione un implorare “libertà”:
Oh freedom
Oh freedom
Oh freedom over me!
And before I’d be a slave
I’ll be buried in my grave
And go home to my Lord and be free.
No more moaning
No more moaning
No more moaning over me!
And before…
There’ll be singing…
There’ll be shouting…
There’ll be praying…
Oppure un pregare che scenda un nuovo Mosé a liberare i suoi figli:
Go down Moses
Way down in Egypt land
Tell old Pharaoh
“Let my people go”
“Thus spoke the Lord” bold Moses said
Let my people go
“If not I’ll smite your first born dead
Let my people go
Go down Moses
Way down in Egypt land
Tell old Pharaoh
“Let my people go”...
Mai un incitamento all’azione, a risolvere i problemi senza l’intervento divino.
Gli spirituals - osserva Gianni Menarini - s’impongono per la fresca immediatezza delle loro rappresentazioni, per il loro tono di confidenza, quasi di intimità familiare con il divino, che sempre sorprende l’ascoltatore che non sia abituato a manifestazioni di fede tanto più ingenuamente spontanee quanto più di umile estrazione, sincere e profondamente sentite.
Una sintesi sistematica di tutti i generi sacri nero-americani, e insieme una rielaborazione rigorosa e fedele di essi, riesce al pianista e compositore Thomas Andrew Dorsey (1899-1993), conosciuto come "the father of gospel music". Il suo sforzo, pienamente riuscito, è quello di modernizzare gli antichi moduli espressivi senza tradirli. Uno sforzo che si sostanzia con la creazione di un nuovo genere chiamato Gospel.
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1. Fedeli che cantano uno spiritual
2. Album di Ella Fitzgerald
3. Thomas Andrew Dorsey collection