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IMMAGINI E SUONO
IMMAGINI DA SENTIRE E SUONI DA VEDERE

La nascita del cinema propriamente inteso viene ufficialmente datata 28 dicembre 1895. Prima della famosa proiezione dei fratelli Lumière vi erano già stati dei tentativi atti a visualizzare le immagini in movimento ma, come giustamente sottolinea lo studioso Ennio Simeon, è solamente a partire da questa data che la proiezione delle immagini diventa collettiva.
A partire dal 1896 vi sono testimonianze sulla presenza della musica nel cinematografo, ma alle origini essa era usata per finalità pratiche (coprire il rumore del proiettore) o psicologiche (annullare la "terribilità" dell'immagine cinematografica muta).
La necessità di un accompagnamento musicale si farà viva solo allorquando il cinema comincerà a sviluppare un suo linguaggio specifico, ad avere delle caratteristiche che andranno al di là della meraviglia suscitata dalla novità della semplice visione di immagini in movimento.
Béla Balázs giustifica la presenza della musica in quanto creatrice di una terza dimensione: "Un film muto privo di accompagnamento musicale produce un penoso effetto. Il fenomeno ha una precisa ragione fisio-psicologica. Per il muto, infatti, la musica non rappresenta solo un complemento espressivo (…) ma anche, in un certo senso, una terza dimensione" e, ancora: "l'uomo non percepisce mai la realtà con un solo organo di senso. Le cose che soltanto vediamo, che soltanto udiamo, ecc., non hanno per noi carattere di realtà tridimensionale. La musica nel film (…) crea in un certo senso la terza dimensione".
Sergio Miceli, autore di "La musica nel film" sostiene che la necessità di accompagnare musicalmente le immagini sia nata quasi istintivamente. La musica era la necessaria mediazione fra la bidimensionalità dell'immagine e il tempo in cui l'azione si svolgeva; due entità altrimenti inconciliabili, poiché il concetto di tempo è legato a quello di movimento come espressione della terza dimensione. Dal momento che la musica si svolge nel tempo, essa anche secondo Miceli costituisce la terza dimensione del film.
Michel Chion crea una distinzione fra la musica per il cinema e la musica del cinema, sostenendo che la seconda non esiste ancora. Solo nel caso in cui vi fossero musiche che avessero delle caratteristiche proprie, non appartenenti a nessun altro genere musicale si potrebbe parlare di musica del cinema. La musica che invece accompagna i film è musica per il cinema, in quanto i suoi procedimenti, il suo vocabolario, le sue forme e i suoi simboli si richiamano alla tradizione musicale precedente e contemporanea. Molti anni dopo (nel 1990) riprenderà l'argomento dell'indispensabilità della musica, sottolineando, che i film, la televisione e i media audiovisivi suscitano nel loro spettatore una specifica disposizione percettiva: l'"audiovisione"; "nella combinazione audiovisiva (…) non si vede la stessa cosa quando si sente; non si sente la stessa cosa quando si vede".
Altre teorie ricollegano l'indispensabilità della musica con motivazioni più ataviche, che funzionano a livello subliminale: per questo non accade sempre che lo spettatore si accorga della presenza della musica. Queste ultime teorie giustificano in un certo senso la presenza di qualsiasi tipo di musica, poiché lo spettatore non dove accorgersi di essa, se non quando non c'è più.
Per Sebastiano Arturo Luciani, la musica determina un gesto, non può seguirlo, ed è essa che evoca delle immagini: "È dal mondo dei suoni che si sale in quello delle immagini. E se si tenta il contrario (…) la musica non integra più la visione, ma o la disturba o ci distrae da essa". I due diversi linguaggi (cinematografico e musicale) sono accomunati dal fatto di avere entrambi una natura ritmica: questa caratteristica comune viene sfruttata per far sì che cinema e musica si integrino fra loro diventando "immagini da sentire e suoni da vedere".
Luciani è estremamente chiaro nell'enunciare i principi che stanno alla base dell'analogia fra cinema e musica: "Il cinematografo col gesto silenzioso e suggestivo può raggiungere l'intensità e la vaghezza di espressione che ha soltanto la musica. L'accoppiamento istintivo e inevitabile della musica con la proiezione cinematografica deriva essenzialmente da questa analogia di rapporti. Il cinematografo può e deve essere quindi come una musica per gli occhi retta anch'essa dal ritmo; ma un ritmo sui generis, che si svolge nel tempo e nello spazio che abbiamo appunto chiamato visivo".
"Il cinema sonoro è nato come musicale e non come parlato": sono le parole di Simeon, il quale prosegue ricordando che il primo film completamente sonorizzato, Don Juan di Alan Crosland, era provvisto di una colonna sonora ininterrotta. Il fatto che un film fosse accompagnato per tutta la sua durata dalla musica, giustifica le teorie parallele di quegli anni sulle funzioni della musica al cinema: molte di queste rilevavano che la funzione principale della musica nei confronti dell'immagine fosse quella di creare una continuità nel testo filmico. Prima dell'apparizione dei dialoghi, l'unica differenza del cinema sonoro rispetto a quello muto era di natura tecnica: si aveva la registrazione della musica, in luogo dell'accompagnamento dal vivo.
Una reazione che si scosta dalle altre sopra menzionate è quella illustrata nel 1928 dal teorico e regista Sergej M. Ejzenstejn ne Il futuro del sonoro. Dichiarazione, (un manifesto firmato anche da altri due registi russi: Vsevolod Illarionovic Pudovkin e Grigorij Aleksandrov). Nel testo Ejzenstejn dichiara di temere che il sonoro venga sfruttato in modo errato, soprattutto se messo in rapporto con il montaggio, il vero fattore che permette al cinema di raggiungere un livello espressivo alto, "l'assioma su cui si fonda ogni possibile sviluppo dell'arte cinematografica".
Quanto teorizzato da Ejzenstejn, a un'analisi approfondita risulterà di difficile applicazione, rivelando concetti ambigui e artificiosi. Il concetto di contrappunto in particolar modo (o di asincronismo: non coincidenza, intenzionale, fra l’immagine e il suono) proposto dal grande regista e teorico riscuoterà dapprima molto successo, per rivelare invece in seguito delle debolezze e ambiguità teoriche che lo renderanno di difficile applicabilità nei confronti del cinema.
Ejzenstein ebbe però il merito di andare oltre e superare ciò che aveva teorizzato, rinnovando il proprio pensiero, fino ad approdare - tra il 1937 e il 1940 - al concetto di montaggio verticale. Secondo questo concetto il film audiovisivo contiene svariati elementi, e la musica può combinarsi verticalmente con le diverse componenti della composizione cinematografica.
Il principio generale secondo il quale tutti gli elementi del testo filmico possono interagire secondo il principio del montaggio verticale permette al pensiero di Ejzenstejn di restare ancora attuale e di essere un importante punto di riferimento per gli studi sugli audiovisivi.

Dal sito Musica e immagine di Giulia Gabrielli.


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1. Cinematografo Lumière
2. Proiettore per pellicola 35 mm. (1925)
3. Don Juan di Alan Crosland del 1926, primo film sonoro
4. Sergej M. Ejzenstejn al montaggio di Ottobre del 1928
5.Blackmail di Alfred Hitchcock del 1929 (primo fillm sonoro britannico)
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